Sono stati giorni un po’ di ansia, come sempre quando mi appresto a fare qualcosa di nuovo ed in questo caso ad entrare in Indonesia.
Spero che dalle Filippine siano così clementi, o sprovveduti, da non dovermi più richiedere alcun volo di uscita dal Paese in cui sto entrando.
Va tutto bene, a parte una tariffa che devo pagare per entrare al check-point d’immigrazione, non capisco, ma mi adeguo. Non ho voglia di tirare in piedi storie.
Arrivo al gate e la ragazza mi dice che devo pagare per il bagaglio. Mi stupisco perché ho acquistato il 20kg in più e quindi sono coperta. Mi dice che dovevo imbarcarlo però. Giusto, che scema. Sono passata dall’immigrazione senza prima passare dal check-in.
Dopo varie discussioni pacifiche, richieste in ginocchio e occhi a forma di cuore, riesco a farmelo imbarcare senza pagare l’eccedenza, facendo smuovere la signorina del check-in.
Salgo sull’areo ed il primo volo fino a Kuala Lumpur è tranquillo, cosa che non si può dire sulla seconda tratta fino a Jakarta. Viaggio di notte ed si vede la cintura di Orione sopra la mia testa. Penso alle mie tre amiche che portano il nome di Barbara e che sono un po’ come quelle tre stelle sulla cintura. Tengono su i pantaloni e ti salvano il culo nei momenti di depressione.
L’aria di Jakarta la notte è fresca e umida. Prendo un taxi fino all’ostello e dormo 4 ore.
Il giorno dopo mi organizzo per raggiungere Yogyakarta. Prenoto ostello, treno, visite. Mi fermerò tre giorni sperando di riuscire a fare un po’ di yoga e meditazione nell’ostello in cui starò. Il parco che lo circonda sembra molto bello e pacifico.
Ora. Sono su un treno che, partito alle 8.30 am precise, arriverà a Yogya alle 4.35 pm. Vedo risaie a non finire. La signora seduta accanto a me è profumata, molto gentile e molto coperta. Mi viene quasi da mettermi il foulard in testa, per rispetto, mi sento quasi fuori luogo a non portarlo e a mostrare i capelli. Sarà normale?
Leggo Terzani e del suo cancro. Quando inizia la cura inizia anche il conteggio dei giorni nel suo diario: day one, day two, day three, come a tener traccia solo del tempo che passa sotto medicinali o di un nuovo pezzo di vita che sta cominciando? Mi viene da confrontare il mio conteggio dei giorni via dall’Italia. Conto i giorni per dimostrare quanto posso stare via o per tener traccia dei giorni che passano e che mi cambiano? Sicuramente un diario con delle tracce più o meno giornaliere aiuta a capire meglio il cambiamento. Le foto saranno un bel ricordo da custodire. I social sono sempre più il male del mondo e non nascondo di voler cancellare la mia identità un giorno sì e uno no. Di non dare più notizie a persone ipocrite, che si ricordano solo quando non ci sei, ma che fino a 4 mesi fa non sapevo nemmeno esistessi. Ora, tutti miei migliori amici che si mettono in bocca questa falsa amicizia per darsi un tono durante conversazioni inutili davanti ad un bicchiere di vino.
Ma chi sono io per giudicare quello che fanno e che forse è anche quello a cui aspiro? Ogni tanto sì, lo è.
Per fortuna ci sono gli amici con la a maiuscola e che non ti sbandierano come un trofeo che verrà poi dimenticato subito dopo la giornata delle premiazioni.
Rimango con il pensiero però a casa e spero che si risolva quello che sta succedendo nel migliore dei modi.