Patch

Patch

venerdì 5 gennaio 2018

Il caso non esiste

Ci sono quei giorni in cui non hai voglia di fare niente e passi oziando nel tuo piccolo spazio ritagliato in un ostello pieno gonfio di gente da tutte le parti del mondo.
Ti senti anche un po’ in colpa perché c’è tanto mondo là fuori che aspetta te e merita un po’ del tuo tempo. 
In questi giorni in cui ho vagato per la parte orientale dell’isola di Kyushu, in attesa di trasferirmi sul lato occidentale e poi finalmente prendere un volo per una nuova nazione, dovrei forse far qualcosa di più costruttivo.
Invece mi ritrovo con in mano un pc a scrivere, leggere Terzani, leggere email, organizzare qualcosa di sensato per il futuro, che per me è da interpretare come il prossimo mese.
Ho tante di quelle domande in testa a cui non riesco a trovare risposta. Vorrei averle subito queste risposte, ma mi continuo a ripetere di stare calma e che tutto arriverà da sé, un po’ per volta, un passo davanti all’altro.
Pensando alla giornata di ieri però sorrido e mi accorgo che tutto sommato, e forse me ne rendo conto di più ora che sono più concentrata sulla sincronicità degli eventi, sono molto più connessa ora a qualcosa. Che discorso strambo, ma noto che alle volte basta un pensiero indirizzato nella parte giusta e subito ecco la risposta che arriva. Stavo camminando per strada, cercando di raggiungere un luogo. Una passeggiata facile, di mezz’ora, ma riflettevo sul fatto dell’autostop. Il non averlo mai fatto e non essermi mai fidata di nessuno, da questo poi ho iniziato a vagare pensando alla fiducia riposta nelle persone e altre cose simili. Al fatto che se fossi appesa sopra un burrone, prima di afferrare quella mano tesa in segno di aiuto, la guarderei con sospetto. Non è bello vivere così, questo è fuori da ogni dubbio. Comunque, questi pensieri vengono interrotti da un’auto che accosta e mi chiede dove vado. Alla mia risposta, mi fa segno di salire e non me lo faccio dire due volte. Inutile dire che non si accettano passaggi dagli sconosciuti, ma questo fa parte del viaggio, il cambiare prospettiva e idea, che ultimamente mi succede spesso, e il fatto ha voluto che mi fossi chiamata questo passaggio in auto, a quanto pare. Stesso passaggio che mi è stato concesso per il ritorno. Infatti non mi è ancora chiaro se quell’uomo mi stesse aspettando o mi tenesse d’occhio, ma tant’è. Mi ha fatto tenerezza quella ricerca di scambiare due parole con uno straniero, il fatto che abbia voluto una mia foto e mi abbia accompagnata alla stazione.
Mi da un senso di solitudine a volte questo Paese. Alla mattina tutti si svegliano non più tardi delle 7, quando gli altoparlanti suonano una musica dolce per le strade. Alla sera gli stessi altoparlanti ti avvisano dell’orario del tramonto, invitandoti a rientrare. Tutti sono impegnati nella  corsa alla modernizzazione, al fatturato, alla puntualità, tralasciando il calore. Beh, chiaramente il Giappone non è conosciuto per la qualità di calore che si trasmette tra le parti, però mi da tutto questo senso di grigio.
Alle volte mi chiedo se c’è mai stato un Giappone reale, antico, di quelli dove c’erano i samurai, gli imperatori. Forse tre mesi non sono poi così tanti, anzi, senza dubbio sono pochi, per conoscere un Paese. O forse è semplicemente questo il prodotto finito del Giappone che la stessa successione di imperatori e samurai hanno creato. Poi però pensi allo Shikoku e alla loro gentilezza e ospitalità e alle isole Ryukyu dove i sorrisi si regalano generosamente a chiunque e capisci che tutto sommato, anche qui ci sono le due facce di una stessa medaglia.
Per quanto riguarda il prossimo Paese, i contatti stanno prendendo forma e forse entro domenica, avrò una risposta, così da poter pianificare il viaggio.

La parte emotiva è comunque quella più difficile da gestire, in tutto questo e sono sempre più convinta che la felicità che io desidero in questo momento, stia ancora viaggiando su un binario parallelo. Chissà se prima o poi i binari si incontreranno, magari nella stessa stazione, dove poter scendere da questo treno in corsa e poter godermi quello a cui aspiro.