Ci sono difficoltà e difficoltà. Quella del farsi capire ad esempio è vincolante, ma non insormontabile. Ormai siamo circondati da tecnologia che ci supporta e quindi attraverso traduttori automatici istantanei, ci riusciamo a capire più o meno facilmente. Non tutti sono madrelingua inglese o in ogni caso la parlano, però fin qui, il problema è arginabile.
Diventa invece un po’ complicato quando oltre alla lingua, ci si mette una città con 5 porti, dove da ognuno partono varie compagnie intrecciandosi l’una con l’altra e dove, soprattutto, rimani impietrito dopo due mesi di Giappone, perché nessuno sa risolverti il problema o per lo meno darti una mano concreta.
L’idea di prendere una nave per raggiungere Okinawa era nella mia testa da prima della partenza, ma qui ho deciso di arrivare prima del sud remoto, un po’ perché Okinawa è un’isola grande e io voglio qualcosa di modesto, un po’ per i tempi, i modi, insomma, ho optato per Amami. E pure il nome, se si sposta l’accento e lo si pronuncia all’italiana, suona carino.
Quindi ieri, con calma placida, vado al primo porto e trovo chiuso e battello cancellati. C’erano in ufficio delle persone e chiedo a loro dove e cosa fare, così mi indirizzano ad un altro porto. Non sto a dirvi i km fatti a piedi, le trafile per farsi capire e una del customer service che voleva mandarmi in agenzia di viaggio. Ero stranita, perché qui trovano sempre una soluzione e tendenzialmente la migliore per le tue esigenze.
In ogni caso, ringrazio il fatto che ho la testa dura come un mulo - forse ero uno di quelli degli alpini - e riguardando la mappa vedo un altro porto. L’ultimo in fondo km da dove sono, ma che dovrebbe portare in direzione Amami.
Arrivo, salgo e... la biglietteria aperta con l’operatore e tutto il resto. Ero felice. Ma veramente tanto! Così ora ho il biglietto a/r per Amami e farò le feste laggiù.
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