Patch

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sabato 16 dicembre 2017

Riflessioni #X

Che sogno stanotte. Forse era più un incubo. Ero al mare o probabilmente sull’oceano ed era una bella giornata, senza nuvole, quasi verso il tramonto. Stavamo festeggiando spensierati, io e molta altra gente e ad un tratto mi giro verso il mare e vedo un muro, un muro di acqua, altissimo. Un’onda, uno tsunami venire verso di noi e le nostre case. Comincio a richiamare l’attenzione sul disastro, ma nessuno sembra preoccuparsene, allora decido di rifugiarmi in casa - non sarebbe servito a nulla, ma di sogni si parla - ma non riuscivo ad aprire la porta. Un vento fortissimo mi impediva di aprirla. Con tutta la forza sono riuscita e sono entrata, consapevole che non salerebbe servito. Guardando l’onda vedevo i riflessi di un tramonto rosso sangue bellissimo, ma spaventoso allo stesso tempo. 
Ero pronta ad essere spazzata via con la casa, ma non succedeva nulla. Fuori sentivo ancora la gente ridere e scherzare. Quindi esco e l’onda era sparita. Chiedo a questa mia ipotetica amica che mi risponde che si è infranta su un qualcosa ed era svanita. Che strano sogno. Da una parte spaventoso e dall’altra però ho provato un senso di pace vedendo quell’acqua. 


Un autobus la scelta di questa giornata. Uno per tutte le ore del tragitto e non è cosa da poco. È emozionante cambiare mezzi e trovarsi con le coincidenze, ma alcune volte è anche snervante. Togli gli zaini e rimettili continuamente. Ora il grande è stivato nella pancia di questo bus e si gode il viaggio, pacifico, come lo sto facendo io. Forse un po’ meno pacifica. Cuffie nelle orecchie ad ascoltare musica latina, per tenermi allegra. Perché sono sempre così malinconica? È proprio vero che non mi accontento mai e che quindi sono sempre alla ricerca di qualcosa? Ma di cosa. Cosa mi manca, cosa voglio capire, perché non sono soddisfatta come lo sono tante persone che conosco. Intraprendere un viaggio per capire sé stessi in mezzo ai pensieri degli altri. Alcuni farli propri e portarseli con noi, perché tutto sommato noi siamo il frutto del nostro passato e del passato degli altri, dei nostri genitori ad esempio, ma non solo. E allora mi domando se è giusto farsi carico del proprio passato e di quello degli altri. La risposta è no, ma se non avessi questo passato allora ogni giorno dovrei ricostruirmi, ogni giorno una persona nuova, con nuove idee da sperimentare, nuovi input da non dover scartare a priori. Come fare allora ad essere sempre sulle proprie posizioni. Come fare a sopportare il distacco e la differenza dagli affetti, quando la tua indole è lo stare fuori dal proprio focolare. Più vado avanti e più mi accorgo che non c’è un posto vero dove tornare, non riesco ad identificarlo, se non per gli affetti. Che fossero in Islanda o alle Azzorre, poco importerebbe perché sono le loro voci che mancano e non le cose materiali, quali una casa. Ora che si avvicina il Natale, che per me non è mai stato particolarmente sentito, causa lavoro che mi portava a passarlo come un momento dove le lancette dell’orologio la facevano da padrone, questo calore, quello che si crea durante questa festa, mi manca, per la prima volta veramente. Lo sento più forte. Mi manca il suono della fisarmonica ed i balli. Il tintinnio dei cucchiaini che girano le tisane del pomeriggio, voci felici che si augurano le buone feste, gli abbracci ed i baci, il momento dello stare tutto insieme a tavola, la preparazione ed il dopo. Ma sono certa che proprio per questo, ogni giorno, sarà sempre un po’ natale per me.