Patch

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giovedì 14 dicembre 2017

Come tre vecchi amici

Il controllore di oggi ha un non so che di erotico quando parla. Fa respiri profondi e questa cosa la trovo seriamente imbarazzante. 
Non credevo nella mia vita di prendere così tanti treni. Mi immaginavo su aerei ed invece ho imparato a muovermi lentamente. E quando ci potrei mettere 30 minuti per raggiungere un posto, io ci impiego due ore con 5 cambi di svariati mezzi. È una continua evoluzione dell’essere. Non è il viaggio che fagocita me, ma il contrario. Guardando fuori da innumerevoli finestrini e assaporando scogliere irte che corrono giù verso l’oceano o gallerie fitte di vegetazione. Questo è il viaggio lento. In piedi davanti all’altro, senza fretta. 
Arrivo a Kumamoto da Imari, dopo 4 o 5 ore di treno e altrettanti cambi. Non ricordo e immancabilmente perdo il conto. Durate l’arrivo in stazione, mi trovo davanti, sulla collina, una costruzione che in Giappone non mi era mai capitato di vedere prima d’ora, uno stupa. Lascio lo zaino grande in ostello e mi dirigo sulla collina, tralasciando castelli e varie.
Il navigatore mi diceva di passare lungo il parco della città. Sembrava essere grande e bello, per cui mi sono diretta in quella direzione. Uno scenario a dir poco inusuale per essere Giappone, dove tutto pare perfetto e niente è fuori posto. Il parco, chiuso, con transenne e cartelli. Quello che doveva essere il portale d’accesso, in mille pezzi. Ho pensato a qualche disgraziato che si era preso la briga di andare a sbattere, poi ho pensato sorridendo “Sei in Giappone! Non può essere” e tornando sui miei passi, ho scelto un’altra via, e per fortuna.
Inizio la salita alla collina ed incontro un signore che cerca il mio sguardo per salutarmi. Adoro questo genere di cose, mi fanno sentire coccolata. Proseguo la scalinata e arrivo al primo torii e a delle scale tutte rotte e penso un’altra volta a quanto possa essere strano.
Davanti a me due uomini, che da lontano pensavo fossero locali ed invece avvicinandomi, poi ho scoperto americani, Bill e Sean. Passo dietro di loro e li saluto.
“Ehi tu, dove stai andando?” mi chiede Bill. Al momento però non sapevo ancora il suo nome.
“Vado là sopra, a vedere lo stupa. Non si può?” faccio io. 
Lui di tutto punto mi chiede se ho del tempo da dedicargli perché sta salendo con il suo amico a vedere la stessa cosa, ma prima vorrebbe raccontarmi un po’ della storia della città.
Tra me e me penso alla fortuna di aver incontrato queste due splendide persone. Ci presentiamo. Mi parlano di loro e mi chiedono cosa facessi io lì e cosa volessi visitare.
In realtà io qui sono venuta solo per vedere il Mt. Aso, ma ci vuole intera giornata, per cui stavo facendo passare il tempo rimasto dalla discesa dal treno in poi.
Bill vive qui da diversi anni ormai. Trasferitosi da Kyoto, per problemi famigliari. 
Ci sediamo su una panchina e mi racconta di periodo Edo e Meiji, delle guerre del 1876 e 1877 e che in realtà la prima fu più una schermaglia che una guerra. Ad un tratto, dopo aver visto la spianata dove sparavano i cannoni, ci dice “Ora vi faccio vedere una cosa che sanno in pochi” e arriviamo davanti ad una tomba con una croce. Accidenti, una tomba cristiana!
“Vedete, qui c’è scritto Mya. Questo masso è stato scoperto per caso dai giardinieri di quel cimitero” ed indica il cimitero dove i soldati della guerra erano stati sepolti “Era lì accanto. Durante le pulizie dalle sterpaglie, è stato rinvenuto questo reperto, nessuno capiva però cosa o a chi fosse dedicato. Vennero diverse persone per ricostruire la storia ed alla fine si arrivò alla conclusione che quella fosse la lapide in ricordo di Mya e della sua famiglia. Unica famiglia cattolica che per quei tempi, non era affatto vista bene e così furono trucidati tutti. Mya, il marito, 4 domestici ed i bambini.” Proseguendo la visita, siamo arrivato sopra il monte Hanaoka. Bill mi informa che quello stupa è stato donato dall’India e che qui risiedono le reliquie del Buddha. Inoltre mi accenna anche al fatto che il torii che avevamo visto all’inizio della salita era stato demolito dal terremoto. Rimango perplessa, ma proseguo il pomeriggio davanti ad uno splendido tramonto, mangiando patatine, come fossi al cinema.
Di rientro in ostello, chiedo alla proprietaria qualche indicazione per raggiungere il Monte Aso il giorno successivo, ma mi informa che a causa del terremoto, l’unico mezzo è probabilmente il bus.
A questo punto la domanda è storta spontanea, chiedendole quando è stato questo benedetto terremoto. Mi risponde “l’anno scorso”. 

Ora avevo chiaro il quadro e guardandola negli occhi, avevo anche chiaro che l’intensità non fu bassa. Ora, documentandomi con davanti il mio laptop, posso affermare che nell’aprile 2016, Kumamoto è stata scossa da un magnitudo 7 e dalle immagini che ci sono in internet, c’è solo da aver paura.